E’ importantissimo fare diagnosi differenziale precoce fra deficit di memoria legati all’età o ad una demenza.

Gli adulti sotto i 65 anni con disturbi della memoria raramente ne parlano ai loro fornitori di servizi sanitari, secondo uno studio pubblicato su Preventing Chronic Disease e firmato da Mary Adams, On Target Health Data LLC a West Suffield, Connecticut. «Anche se l’US Preventive Services Task Force non raccomanda lo screening di routine per la demenza, che spesso si manifesta precocemente con disturbi mnemonici, una diagnosi tempestiva è auspicabile per diversi motivi tra cui l’esclusione di cause trattabili» spiega la ricercatrice sottolineando un’altra importante considerazione, ossia la possibilità di identificare i disturbi mnemonici quando l’individuo è ancora in grado di a partecipare al processo decisionale circa il suo futuro. Gli autori ricordano anche che l’Affordable Care Act prevede per gli assistiti Medicare anche una valutazione cognitiva durante il loro check up annuale. Ciononostante, la maggior parte degli adulti under 65 con disturbi mnemonici soggettivi tende a non parlarne con il suo fornitore di assistenza sanitaria, perdendo l’occasione di ricevere una diagnosi precoce e un tempestivo trattamento.

«Il nostro obiettivo era di approfondire la mancata interazione tra pazienti adulti con deficit mnemonici e professionisti sanitari» spiega Adams, che usando i dati del 2011 relativi al sondaggio Behavioral Risk Factor Surveillance System ha identificato circa 10.000 adulti di 45 anni o più anziani che riferivano disturbi mnemonici soggettivi tra cui momenti di confusione o di perdita della memoria verificatisi spesso o peggiorati nell’ultimo anno. «Di questi, solo un individuo su quattro ha parlato del problema con un operatore sanitario durante le ultime visite mediche» puntualizzano i ricercatori, aggiungendo che i più propensi a confidarsi con il medico erano coloro nei quali i disturbi della memoria interferivano con le faccende domestiche o con l’attività lavorativa. Ma quello che colpisce di più è che solo il 42% di chi ha esposto i disturbi al proprio fornitore di assistenza sanitaria ha ricevuto un trattamento. Conclude Adams: «Questi risultati suggeriscono che la valutazione cognitiva richiesta dall’Affordable Care Act potrebbe essere utile anche negli adulti sotto i 65 anni».