In uno studio svolto su pazienti anziani deceduti, un moderato consumo di pesce si associa a una minore presenza di segni neuropatologici di malattia di Alzheimer e, anche se risulta legato a livelli cerebrali di mercurio più elevati, questi ultimi non sembrano correlarsi al grado di degenerazione cerebrale proprio della malattia. Ecco, in sintesi, le conclusioni dell’articolo pubblicato su Jama in cui Martha Clare Morris del Rush University Medical Center di Chicago e colleghi hanno valutato se il consumo di pesce fosse correlato ai livelli di mercurio presenti nel tessuto cerebrale e se la dieta ittica o le concentrazioni di mercurio nel cervello fossero legati alle alterazioni neuropatologiche proprie dell’Alzheimer. Allo scopo sono state selezionate 544 persone decedute e in precedenza arruolate nello studio di coorte Memory and Aging Project svoltosi tra il 2004 e il 2013.

«L’età media al momento della morte era 90 anni, e il 67% del campione oggetto di studio era di genere femminile» spiegano i ricercatori, precisando che il consumo di pesce è stato misurato mediante un questionario di alimentare compilato all’incirca 4,5 anni prima della morte. Nei 286 cervelli sottoposti ad autopsia, da un lato i livelli di mercurio risultano positivamente correlati con il numero di pasti a base di pesce consumati alla settimana, e dall’altro l’alimentazione ricca di pesce risulta inversamente correlata ai segni neuropatologici dell’Alzheimer, tra cui la bassa densità delle placche neuritiche e una minore evidenza dei depositi neurofibrillari solo tra i portatori della variante genica APOE E4, quella associata a un aumentato rischio di malattia. «Il consumo di pesce potrebbe effettivamente ridurre le manifestazioni cliniche della malattia di Alzheimer o la demenza, e i dati di questo studio forniscono una ragionevole rassicurazione che la contaminazione cerebrale da mercurio legata alla dieta ittica non correla con il peggioramento dei segni neuropatologici di Alzheimer a livello cerebrale» conclude in un editoriale di commento Robert Laforce Jr della Université Laval di Quebec City, in Canada.