L’assunzione di benzodiazepine non si associa a un aumento del rischio di demenza negli anziani, almeno secondo quanto conclude uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal. «Le benzodiazepine sono medicinali ampiamente usati negli anziani per combattere ansia, insonnia e disturbi depressivi, ma alcuni studi suggeriscono che il loro utilizzo potrebbe essere associato a un aumentato rischio di demenza. E date le potenziali implicazioni in termini di salute pubblica, era necessario comprendere meglio i rischi potenziali connessi al loro uso» esordisce Shelly Gray, che assieme ai colleghi ha analizzato 3.434 persone di 65 anni e oltre senza segni di demenza all’inizio dello studio, seguendole per una media di sette anni ed effettuando test cognitivi biennali. «Il consumo di benzodiazepine è stato valutato utilizzando i dati delle farmacie nel corso di un periodo di 10 anni, registrando anche fattori quali età, genere, presenza di comorbilità, abitudine al fumo, grado di esercizio fisico e stato di salute» scrivono i ricercatori. Durante il follow-up 797 partecipanti, pari al 23% dell’intera coorte, hanno sviluppato demenza, che nell’80% dei casi aveva le caratteristiche cliniche della malattia di Alzheimer.

«A conti fatti, nessuna correlazione è stata osservata tra l’utilizzo di benzodiazepine e demenza o declino cognitivo» riprendono gli autori, precisando che lo studio ha comunque dei limiti, tra cui l’impossibilità di escludere in modo completo i potenziali bias che potrebbero avere influito sui risultati. «Nel complesso, i nostri dati non supportano un’associazione causa-effetto tra uso di benzodiazepine e comparsa di demenza» afferma Gray, sottolineando comunque che, data la possibile associazione tra consumo di benzodiazepine negli anziani ed effetti avversi tra cui eccessiva sedazione, interazioni con altri farmaci, ottundimento emozionale ed effetti stimolanti paradossi, gli operatori sanitari dovrebbero evitarne l’uso se non a fronte di un’effettiva necessità.